Nel dibattito urbanistico italiano, uno dei temi più ricorrenti riguarda la possibilità di dimostrare lo stato legittimo di un immobile realizzato prima del 1967, in assenza di un titolo edilizio formale. Un recente parere della Direzione Generale Cura del Territorio e dell’Ambiente dell’Emilia Romagna (prot. n. 354086 dell’8 aprile 2025) ha fornito importanti chiarimenti in merito, analizzando un caso concreto che coinvolge un fabbricato composto da due unità abitative risalenti agli anni ’50 e ’70.
Il caso specifico: tra agibilità, abitabilità e documentazione storica
Nel caso esaminato, la prima unità abitativa – edificata tra il 1958 e il 1959 – risulta priva di un formale titolo edilizio, mentre la seconda – costruita nel 1972 – dispone di una regolare autorizzazione. Tuttavia, per la porzione più datata dell’immobile sono stati rinvenuti alcuni documenti rilevanti: una licenza di abitabilità del 1959, una certificazione comunale del 1964 e una foto aerea del 1969.
Tali elementi potrebbero far pensare, a prima vista, a una sufficiente dimostrazione della legittimità dell’opera. Ma è davvero così?
È fondamentale, innanzitutto, chiarire la differenza tra abitabilità e agibilità, termini spesso utilizzati come sinonimi ma distinti sotto il profilo giuridico e tecnico. Fino alla riforma del 2016 (con il d.lgs. 222/2016), la licenza di abitabilità riguardava gli edifici a uso residenziale e certificava la presenza dei requisiti igienico-sanitari e dimensionali. L’agibilità, invece, ha un campo più ampio: attesta non solo l’idoneità sanitaria, ma anche la sicurezza strutturale, il risparmio energetico e la conformità dell’edificio al progetto approvato.
La differenza non è solo semantica: ha importanti implicazioni nella ricostruzione dello stato legittimo.
Secondo la giurisprudenza consolidata, in particolare del Consiglio di Stato, il certificato di agibilità non implica automaticamente la regolarità urbanistica dell’immobile. Un edificio può essere agibile – cioè tecnicamente idoneo all’uso – ma risultare abusivo o privo di titolo edilizio legittimo.
Ciò significa che l’agibilità, anche se rilasciata da un ente pubblico, non può sostituire né un permesso di costruire, né una concessione, né tanto meno un condono edilizio. Pertanto, in assenza di una formale autorizzazione edilizia (o di documentazione che ne attesti l’epoca e le modalità di costruzione), l’immobile resta giuridicamente “non legittimo”.
Per gli immobili realizzati ante 1967, e quindi in un periodo in cui non vigeva l’obbligo generalizzato del permesso di costruire nei Comuni non dotati di piano regolatore, è possibile ricorrere a una ricostruzione indiretta dello stato legittimo. Tale ricostruzione può basarsi su:
Documentazione catastale storica (atti di aggiornamento, mappe, visure);
Foto aeree e ortofoto storiche;
Certificazioni comunali pregresse;
Dichiarazioni giurate o testimonianze documentate;
Documentazione sanitaria o fiscale dell’epoca.
Tuttavia, questi elementi devono essere letti nel loro complesso e non possono, presi singolarmente, garantire la piena legittimità dell’immobile.
Il parere della Regione Emilia Romagna ribadisce un principio fondamentale: il certificato di agibilità o abitabilità non è prova sufficiente dello stato legittimo di un immobile. Nei casi dubbi, soprattutto per edifici costruiti prima del 1967, è necessario avvalersi di un’attenta indagine storica e tecnica, possibilmente con il supporto di professionisti qualificati. La ricostruzione dello stato legittimo è un processo complesso, che non può essere affidato solo a un certificato, ma richiede un insieme coerente di prove documentali e tecniche.