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TITOLI EDILIZI: occorre sempre il Permesso a Costruire per i cambi di destinazione d’uso?

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Il Consiglio di Stato, con la Sentenza n°6562/2018, di richiesta da parte di un privato di riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, che vedeva lo stesso contestare un verbale di accertamento della Polizia Municipale che aveva emesso un provvedimento riguardante la sospensione dei lavori nonché il conseguente ripristino del cambio di destinazione d’uso, che era stata mutata da destinazione di unità abitativa a studio medico polispecialistico.
Il primo giudice fondava la sua convinzione sulla base delle seguenti considerazioni: “le modifiche di destinazione d’uso”, indipendentemente dalla circostanza che siano realizzati “con o senza opere a ciò preordinate, quando hanno per oggetto le categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, sono subordinate al rilascio di apposito permesso di costruire”
Il Comune competente , costituitosi aveva specificato in particolare sull’argomento che: “L’art. 8 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 aveva stabilito la necessità di richiesta di concessione edilizia nei casi di mutamento della destinazione d’uso solo se connessa a variazione essenziali del progetto con conseguente variazione degli standard previsti dal D.M. 1444 del 2 aprile 1968, dovendosi così ritenere non necessaria la richiesta di concessione nell’ipotesi di mutamento di destinazione non connessa con modifiche strutturali dell’immobile. Il mutamento di destinazione realizzato con opere interne cui non occorreva la concessione, era assoggettato dall’art. 26 della stessa legge 47/1985 al regime dell’autorizzazione, sempreché non “in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati o approvati e con i regolamenti edilizi vigenti”.
“……4. Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia) ha poi ulteriormente trattato la materia della destinazione d’uso e dei relativi cambiamenti, stabilendo all’art.3, comma 1°, lett. a) che “nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso” (lettera così modificata dall’art. 17, comma 1, lettera a, legge 11 novembre 2014, n. 164 di conversione del decreto-legge 11 settembre 2014, n. 13); nel successivo art.10 comma 1°, lett. c) che “costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: … gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso…”
“nell’art.14 comma 1-bis, che “per gli interventi di ristrutturazione edilizia … è ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico, a condizione che il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione”; all’art. 22 comma 2°, che “sono, altresì, realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia”; all’art. 23 ter (inapplicabile nelle Regioni che, come il Lazio, hanno adottato una propria disciplina specifica), che “salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale … la destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile … il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”; all’art. 32, che sono “ … variazioni essenziali al progetto approvato … quando si verifica una o più delle seguenti condizioni: a) mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standard(s) previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968”.
Inoltre la Sentenza chiariva che: “…. Non può condividersi dunque quanto talora affermato dalla giurisprudenza più risalente, secondo cui il cambio d’uso da abitazione ad ufficio, anche se eseguito senza opere, non sia mai soggetto a permesso di costruire, e ciò anche perché un immobile destinato ad attività professionale presuppone un traffico di persone e la necessità di servizi e, quindi, di “carico urbanistico” superiore a quello di una semplice abitazione.”
Per cui “Pertanto, il mutamento di destinazione d’uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all’ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con l’ovvia conseguenza che il mutamento non autorizzato della destinazione d’uso che alteri il carico urbanistico, integra una situazione di illiceità a vario titolo, che può e anzi deve essere rilevata dall’Amministrazione”
Detta Sentenza continua precisando: “l’art. 7 della legge regionale Lazio 2 luglio 1987, n. 36 modificato dall’articolo 35 della legge regionale 11 agosto 2008, n. 15, stabilisce che “le modifiche di destinazione d’ uso con o senza opere a ciò preordinate, quando hanno per oggetto le categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, sono subordinate al rilascio di apposito permesso di costruire mentre quando riguardano gli ambiti di una stessa categoria sono soggette a denuncia di attività da parte del sindaco. Nei centri storici, come definiti dall’ articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, è di norma vietato il mutamento delle destinazioni d’ uso residenziali”
Fondamentale è poi quanto evidenzia la Sentenza in modo definitivo ed inequivocabile ovvero: “6. Soltanto il cambio di destinazione d’uso fra categorie edilizie omogenee non necessita di permesso di costruire (in quanto non incidente sul carico urbanistico) mentre, allorché lo stesso intervenga tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, integra una vera e propria modificazione edilizia con incidenza sul carico urbanistico, con conseguente necessità di un previo permesso di costruire, senza che rilevi l’avvenuta esecuzione di opere. Dunque, il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato che determini, dal punto di vista urbanistico, il passaggio tra diverse categorie in rapporto di reciproca autonomia funzionale, comporta inevitabilmente un differente carico ed un maggiore impatto urbanistico, anche se nell’ambito di zone territoriali omogenee, da valutare in relazione ai servizi e agli standard ivi esistenti.

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